Come si diventa influencer? Sintetizzando potremmo dire che devi seguire alcune regole:

  • appassionati e studia approfonditamente un argomento;
  • diventa esperto di quell’argomento;
  • frequenta gruppi tematici e crea relazioni con altri influencer del settore
  • apri un blog personale
  • crea e condividi contenuti di successo
  • partecipa ad eventi e meeting nella vita reale

Per diventare influencer devi innanzitutto essere esperto di un determinato argomento, avere comprovata esperienza in un settore o nicchia specifica del web ed avere un alto numero di utenti che ti seguono nei social media o sul tuo blog e che interagiscono con i contenuti che pubblichi.

Cosa significa “influencer”

Chi è l’Influencer? L’influencer è una persona in grado di influenzare scelte d’acquisto, politiche o decisionali di altre persone. L’influencer gode, nella vita reale o in quella virtuale, di autorevolezza ed è riconosciuta come esperta di un determinato argomento. La parola “influencer” si è diffusa in modo particolare negli ultimi anni nel web, in relazione a soggetti in grado di influenzare opinioni di una serie di altri utenti, al punto che oggi si parla anche di Influencer Marketing.

Nel nostro blog affrontiamo l’argomento “influencer” da molto tempo: recentemente abbiamo analizzato una ricerca sull‘efficacia dell’influencer organico (o spontaneo) rispetto a quello di professione (e pagato), e prima ancora abbiamo anche cercato di distinguere il vero influencer da quello falso.

Tuttavia finora non abbiamo mai cercato di affrontare l’argomento “diventare un influencer”. Io ho alcune teorie, ma questa volta ho deciso dare spazio e ascoltare il parere di un professionista che sull’argomento Influencer Marketing ci ha dedicato recentemente un libro, Matteo Pogliani.

Quanto vale un influencer: il valore del mercato

Il fenomeno dell’influencer marketing si diffonde sempre più tra le aziende.

In base a quanto riportato da State of Influencer Marketing 2018 di Linqia, l’81% dei professionisti ha dichiarato di aver lanciato delle campagne influencer nel 2017, dato che risulta essere in continua crescita rispetto agli anni passati.

A conferma di questa tendenza, il 92% degli intervistati sostiene che l’influencer marketing è un’attività efficace per il business di un’azienda e il 39% che prevede un aumento degli investimenti in questo canale per il 2018, mentre solo il 5% prevede di ridurli.

Mediamente i marketers investono molti soldi nell’influencer marketing. Il 30% degli intervistati ha speso tra i 25K e i 50K dollari solo nel 2017.

Il 24% ha speso tra i 50 e i 100K e il 22% tra i 10 e i 25K.

Il 90% di loro misura il successo dell’influencer sulla base della metrica dell’engagement, tuttavia il 76% di loro sostiene che la sfida principale per l’influencer marketing nel 2018 è quella di poter determinare con esattezza il ROI di questa attività.

Come abbiamo visto, il fenomeno è sempre più diffuso, in particolare, per i nuovi “comportamenti online” dei millenials, non più propensi a fruire della pubblicità tradizionale, ma che seguono e si appassionano alle “storie” dei Brand.

Ecco la ricerca completa The State of influencer 2018

Il costo di un influencer

Secondo un’indagine promossa da Launchmetrics.com, che ha intervistato 200 influencer, emerge che il 46% di essi lavorerebbe gratis se ricevesse in cambio una contropartita interessante, e il 44,6% farebbe lo stesso, anche senza nulla in cambio, per un brand che ama. Parliamo appunti dei micro-influencer, che possono rivelarsi utili per la strategia di quelle aziende che non possono permettersi grandi influencer o una celebrity.

Le possibilità di scelta, per le aziende, sono quindi davvero tante.

Ma quanto costa all’incirca un influencer?

Secondo una ricerca svolta da Captiv8, questo si può stimare sulla base del numero di follower e a seconda del canale online in cui promuove i suoi contenuti.

Un’infografica mostra le stime nel dettaglio.

costo influencer

Come possiamo notare, un video promozionare sul canale Youtube di un influencer con più di 7 milioni di followers, può costare intorno ai 300.000 dollari.

Esistono anche dei tool online come https://influencerfee.com/ grazie ai quali, inserendo un nome utente di Instagram, è possibile calcolare quanto potrebbe costare la promozione di un post e alcune metriche relative all’engagement

Sono tutti dati e strumenti, ovviamente, che vanno presi con le pinze perché cercano solo di effettuare delle stime.

Come diventare Influencer su Instagram

Non si diventa influencer su Instagram dall’oggi al domani, anche se è uno dei social più frequentati con 1 miliardo di utenti attivi al mese e il più utilizzato in assoluto proprio per l’influencer marketing.

Per diventarlo, la cosa più importante è senz’altro quella di trovare un elemento differenziante che consenta di creare una propria nicchia. Concentrarsi su uno specifico tema è meglio rispetto all’essere generico o una copia di altri già esistenti. Le possibilità sono infinite.

Dopo di che, bisogna avere una storia da raccontare. Il secondo obiettivo deve essere quello di dare uno stile narrativo al profilo Instagram. Lo storytelling è la chiave per il successo.

Successivamente affermarsi come influencer richiede un incremento dei propri followers che ad un certo punto potrebbe stagnarsi.

Per ottenere questo occorre pubblicare foto di qualità e didascalie che invoglino all’interazione, ma anche Stories e Video Live.
E’ inoltre importante anche interagire con la community con Like e commenti instaurando una presenza costante sul canale, ed eventualmente ricorrere anche all’advertising.

Tuttavia, prima di pensare ai numeri dei propri followers, occorre essere credibili e coerenti con l’immagine che il pubblico ha dell’influencer.

Il successo non sta nell’avere tanti followers, bensì nell’essere credibili nei loro confronti, e quindi capaci di “influenzare” le loro scelte di acquisto.

Come diventare un influencer: chiediamolo a Matteo Pogliani

1. Ciao Matteo, chi sei e di cosa ti occupi?

Ciao Dario e grazie per l’ospitalità. Da lettore di Web in Fermento è un piacere enorme essere qui!
La mia specializzazione è la comunicazione in ambito digitale. Sono infatti socio e digital strategist di Open-Box, un’agenzia toscana. Per essere chiaro, mi occupo di sviluppare un utilizzo strategico dei nuovi media da parte delle aziende. Una mission che spinge a far nascere e crescere progetti performanti, capaci di essere aiuto concreto al business di queste realtà.
La mia passione verso le relazioni mi ha portato a specializzarmi nelle PR digitali e nelle attività di influencer marketing, tanto da dedicargli il primo libro in Italia (Influencer Marketing: valorizza le relazioni e dai voce al tuo brand) edito da Flaccovio Editore.
Di questo e di altri temi del digitale parlo anche sul mio blog.

2. La prima domanda parte col botto: come fare a diventare un influencer?

È tutta una questione di reputazione, una “carta d’identità” che parla per noi, capace di segnare profondamente l’approccio delle persone e dei brand nei nostri riguardi. Il suo essere positiva o negativa può fare la differenza.
Attraverso un sapiente personal branding possiamo farla crescere al meglio e divenire per questo credibili agli occhi di altre persone. Questo ci permette di diventare, pian piano, un punto di riferimento autorevole, un punto di riferimento da seguire e ascoltare.
La reputazione, insieme ad altre qualità particolari come la competenza, la fiducia, l’esposizione rendono un semplice utente una figura che “smuove” la propria cerchia, indirizzandone, in molti casi, le scelte.

3. Quali sono i fattori che dovrebbero permettere ad un’azienda di valutare e scegliere un influencer?

Sono moltissimi, suddivisi tra demografici, quantitativi, qualitativi. Ecco i più importanti:

Nazione: gli influencer da coinvolgere devono essere attivi nello stato dove vogliamo far partire la nostra campagna e dove risiedono i nostri target.

Piattaforma: se le attività progettate si basano su Youtube, l’influencer selezionato dovrà conoscere e utilizzare bene il mezzo e avere un account.

Ambito: la pertinenza tra prodotto-influencer-utente è fondamentale per progetti performanti.

Engagement: l’influencer deve generare conversazioni raggiungendo gli utenti con impatto.

Eco: la capacità di amplificare un messaggio, generando viralità.

Know-how: la qualità che permette all’influencer di avere autorevolezza ed essere “utile” agli utenti.

Affinità: l’influencer coinvolto rappresenta il brand. Proprio per questo dev’essere vicino con esso per stile, tono di voce, ambito.

Reputazione: il suo sentiment, positivo o negativo, segna l’azienda e la sua immagine. Attenti quindi a chi scegliamo.

4. Secondo te, se dovessimo misurare il ROI dell’attività di un influencer per un brand, cosa andrebbe analizzato?

È un tema spinoso questo. Le tante sfaccettature dell’influencer marketing e la primarietà di elementi qualitativi non rendono sempre semplice misurare le performance. Detto ciò, è nostro dovere di marketer dare risposta a questa, doverosa, necessità.
Il mio consiglio è sempre quello di valutare in fase iniziale col cliente i KPI più rilevanti (da selezionare a seconda dell’obiettivo prefissato) e da lì muoversi. Se vogliamo ottenere leaddovremmo concentrarci su quelli, se desideriamo ottenere awareness valuteremo le visualizzazioni e le persone raggiunte, se spingiamo per incrementare la reputation del brand si vedranno le variazioni del sentiment pre e post campagna.
Molti obiettivi trovano risposta nell’analisi di più KPI, ad esempio.
Qualunque finalità abbiamo sarà ovviamente necessario l’utilizzo di tool di monitoraggio e di reporting tra web e social.

5. Diventare Influencer su Instagram: come mai Instagram sembra la piattaforma di “lancio” perfetta per un influencer?

Perché è diretto e “facile”, permettendo di offrire campagne e prodotti con un formato semplice e poco impegnativo. Come detto, però, nella maggior parte dei casi questa è un’influenza con minor impatto, spesso legata alla sola visibilità.
A dimostrazione di quanto detto è raro veder progetti complessi di influencer marketing su questa piattaforma. Per lo più assistiamo alla messa “in vetrina” del prodotto regalato dal brand all’instagramer di turno. Tutto lecito e spesso anche funzionale, ma anche “limitato”.
Questa è infatti una forma di influencer marketing che rinuncia a gran parte delle proprie potenzialità, guardando per lo più a numero di follower e like.

Il giro di vite, partito negli USA, sui post che hanno alla base una collaborazione commerciale, obbliga gli influencer ad utilizzare l’hashtag #advertising per rendere gli utenti consapevoli della natura del contenuto.

Inoltre Facebook e Instagram hanno introdotto una nuova funzione tramite la quale è possibile taggare il profilo o la pagina di terzi che si sponsorizza tramite un nostro post.

6. E’ possibile diventare influencer anche senza un blog personale?

Io parto dall’assunto che tutti, nel nostro piccolo, siamo in grado di generare influenza. Magari solo nella nostra cerchia privata (amici e parenti), ma comunque capaci di indirizzare le scelte.
Detto ciò è indubbio che per divenire appetibili lato business, è fondamentale per gli influencer avere un certa audience, un pubblico che è possibile creare, far crescere e nutrire solo attraverso i mezzi di comunicazione, web in primis.
In questo senso il blog diventa quindi una risorsa unica, spazio dove ci è possibile comunicare con i follower, ma soprattutto dimostrare le nostre qualità, acquisendo, contemporaneamente, credibilità. Un assunto che ha ancora più valore quando parliamo di categorie in cui il know-how è elemento preponderante. Facciamo qualche esempio: difficile per un Rudy Bandiera o uno Skande fare ciò che fanno senza la forza e le opportunità del blog.
L’affermarsi sempre maggiore di alcuni social (Instagram, Snapchat) e conseguentemente di nuove figure di influencer sta limitando l’importanza del blog, spesso in modo netto, ma non certamente eliminandola. Parliamo però di un tipo di influenza meno “impattante”, per lo più legata alla sola visibilità. Importante certo, ma non sempre quella con più potenzialità.
A mio avviso gran parte del buon personal branding parte dal blog.

7. Content & Influencer Marketing: quali possono essere per un’azienda i benefici di associare l’influencer marketing ad una strategia solida di Content Marketing?

In primis la possibilità di “vestire” i contenuti delle qualità di queste figure, credibilità su tutte. Un fatto non da poco perché in grado di dare maggior impatto al messaggio.
Una comunicazione che ha più forza perché c’è vicinanza tra chi parla (l’influencer) e chi ascolta (l’utente) e soprattutto perché si limitano nettamente le sovrastrutture commerciali della comunicazione, fin troppo abusate e dai sempre minori risultati.
Ne deriva un modo di comunicare più credibile e ricco di competenza, capace di creare legami e fidelizzare.
Un binomio, content & influencer marketing, che permette inoltre di allargare l’eco di quanto creato, aumentando l’audience raggiungibile e stimolando alla viralità.

8. 10 consigli per chi ambisce a diventare un influencer

Anche qui ce ne sarebbero moltissimi, ma proverò ad essere sintetico:

1. Essere trasparenti: alla lunga le bugie sul web hanno le gambe corte e quando scoperte creano enormi danni (reputazionali). Quindi essere sinceri diventa una priorità.

2. Coltivare le relazioni: si parla pur sempre di progetti tra persone e ciò non va mai dimenticato. Bisogna essere presenti e dedicare tempo a queste relazioni. Solo così daranno “frutti”.

3. Non fermarsi alla “quantità”: viene spesso spontaneo, ma quasi mai è la via giusta. Quando scegliamo un influencer cerchiamo di andare oltre ai meri numeri.

4. L’influencer marketing non è one-shot: qualunque relazione non può funzionare con la filosofia del “tocca e fuggi”. Serve pazienza e voglia di creare legami.

5. Controllo non eccessivo: aver in mano il progetto sì, dettare ogni singolo aspetto no. L’indipendenza dell’influencer farà grande le sue attività. Esasperando il controllo rischiamo di limitare quelle qualità che lo hanno reso quello che è per i suoi follower. Attenti, dunque.

6. Il tool più importante è il cervello: la tecnologia è indispensabile in fase di outreach, ma non dimentichiamo mai che ogni risultato va valutato con la testa, l’unica risorsa che comprende bene la qualità.

7. Influencer non fa rima con VIP: secondo ricerche sul mercato italiano sono ancora troppi i professionisti a pensarla così. Le celebrità sono una parte dell’ecosistema, non l’unico attore.

8. Siamo tutti influencer: come detto, ognuno di noi ha le potenzialità per essere autorevole e proprio per questo non dobbiamo sottovalutare nessuno in fase di selezione. Per molti obiettivi possono fare di più dei clienti soddisfatti sapientemente amplificati che una celebrità.

9. Prima gli obiettivi, poi il resto: troppo spesso si fa il contrario. Si sceglie un influencer che ci piace e gli si crea attorno un progetto. NO. Sarà difficile così dar vita ad attività che possano davvero dar valore all’azienda.

10. Generare valore condiviso: parliamo di relazioni e di progetti che prevedono partnership. Questo deve spingerci a valutare tutti i player in gioco quando creiamo un progetto. Perché funzioni dobbiamo far sì che sia fruttuoso per tutti: per il brand che raggiunge con impatto i suoi target, per l’influencer che propone contenuti validi ai follower, per gli utenti che ricevono contenuti di qualità capaci di rispondere alle loro esigenze.

Fonte: webinfemento