“Il web marketing per l’internazionalizzazione” di D’Amario, Sabella e Marcantonio mette nero su bianco i risultati concreti ottenuti da una serie di aziende che hanno adottato il web marketing come strumento di business. Il 30 maggio la presentazione a Roma. Un’occasione per fare il punto su strategie, professionalità e competenze

Quanto il web marketing può contribuire concretamente al business di un’azienda? Quali sono gli strumenti e le strategie più efficaci per utilizzare la “Rete” per fare impresa e spingerne l’internazionalizzazione? E quanto contano esperienza e professionalità? Questi i temi presi in esame nel libro-inchiesta “Il web marketing per l’internazionalizzazione” (edizioni Meta). Gli autori Walter D’Amario, Paola Sabella e Giovanni Marcantonio hanno raccolto nel volume le esperienze frutto delle attività portate avanti attraverso ricognizioni “sul campo” che hanno sortito una sorta di “censimento”, unico nel suo genere, che consente di farsi un’idea concreta delle best practice e anche di sgombrare il campo dai falsi miti e dalle fake news che animano il dibattito sul web marketing.

A seguire la prefazione al volume scritta da Mila Fiordalisi, condirettore di CorCom che presenterà il libro a Roma il prossimo 30 maggio, in un evento-dibattito che vedrà presenti, oltre agli autori, l’onorevole Fabrizio Di Stefano, il professor Raffaele Bonanni, il presidente di Confindustria Digitale Elio Catania, la Professoressa dell’Università “D’Annunzio” di Chieti” Augusta Consorti, il presidente della Ciiaa di Chieti Mauro Angelucci, il presidente del Codacons Gianluca Di Ascenzo, e l’editore nonché delegato del Digital Innovation Hub di Confindustria Abruzzo Lino Olivastri

Web marketing chiave di volta del new made in Italy

di Mila Fiordalisi, Condirettore CorCom

È sulla trasformazione digitale delle imprese e della Pubblica amministrazione che si gioca il futuro dell’economia italiana. Le grandi realtà industriali e imprenditoriali sono già salite da tempo sul treno dell’innovazione digitale cogliendone benefici e opportunità, sul fronte della competizione e dell’internazionalizzazione, dell’efficientamento organizzativo e delle dinamiche del lavoro. E il digitale ha già offerto a molti occasioni inedite di business, ampliando i margini di azione in contesti prima considerati irraggiungibili e persino sconosciuti.

Per dovere di cronaca molto, anzi moltissimo, è stato fatto nell’ultima legislatura: il Piano Bul (Banda Ultralarga), i programmi Crescita Digitale e Scuola Digitale e il Piano Industria 4.0 – solo per citare alcune delle iniziative battezzate – sono la dimostrazione di quanto l’innovazione tecnologica e digitale siano entrati appieno nelle politiche governative e di quanto dunque il digitale sia considerato una leva di crescita e di sviluppo. Eppure nonostante le indiscusse opportunità che il digitale offre, l’Italia però non è ancora riuscita a fare il grande “salto”: il nostro Paese, sconta ritardi ancora pesanti da colmare, da un punto di vista dell’infrastrutturazione tecnologica ma soprattutto sul fronte culturale.

La “resistenza” all’innovazione, in particolare da parte della Pubblica amministrazione, una burocrazia non in linea con i dettami “snelli” e con la rapidità decisionale e operativa che il digitale impone, la mancanza di adeguate competenze, rappresentano i principali ostacoli sul cammino nazionale. L’Italia è al 25mo posto (su 28) del Desi (Digital economy and society index), l’indice della Commissione europea che mappa il livello di digitalizzazione dei Paesi dell’Unione europea. Per quel che riguarda nello specifico la digitalizzazione delle imprese solo il 71% di quelle italiane ha un sito web, contro la media europea del 77% e solo l’8% effettua vendite online per almeno l’1% del fatturato, contro il 18% della media europea. Se è vero che si sta progressivamente riducendo il gap con Paesi a noi simili per caratteristiche dimensionali e socioeconomiche come Francia, Germania, Polonia, Regno Unito e Spagna, ciò non basta a fare dell’Italia un’economia digitale “matura”.

Lo status quo non è dunque dei migliori ma in realtà è proprio il potenziale inespresso a rappresentare il punto di ri-partenza: se chi non coglierà le potenzialità del digitale è inevitabilmente destinato al fallimento, al contrario coloro che saliranno sul treno del digitale – ed è quanto emerge da questo libro – potranno trovare nuovi spazi d’azione e di crescita nell’economia nazionale e soprattutto globale. È in questo contesto che entra in gioco il web marketing. Secondo le stime di EuroNetMedia.org, global network specializzato in campagne di comunicazione e web marketing, nel 2018 le imprese aumenteranno il budget per il marketing digitale che sempre più diventa parte fondante e fondamentale della strategia di impresa. Parole come seo, analytics, adwords fanno già parte del vocabolario aziendale di chi sulla comunicazione online e sulle azioni di marketing digitale ha deciso di fare leva per il lancio di nuovi servizi e prodotti per fidelizzare i propri clienti e acquisirne di nuovi, registrando un impatto positivo, e in numerosi casi rilevante, sia sulle reveues sia sulla brand reputation, considerata quest’ultima sempre più dai mercati la cartina di tornasole del new business. I risultati delle ricerche e le esperienze raccolte in questo libro, oltre a rappresentare un utile e interessante strumento di analisi del contesto nazionale, rappresentano dunque un vero e proprio “vademecum” operativo, uno strumento che mira ad aprire le menti, a liberare il terreno dallo scetticismo e a favorire il passaggio all’azione. Perché il digitale non è più una parte dell’economia, il digitale è l’economia. E il web marketing rappresenta senza dubbio uno dei pilastri portanti del New Made in Italy.

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